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exhibitions

Talisman

Salerno | Museo Archeologico di Castello Arechi
dal 17 maggio al 25 giugno 2013 (prorogata fino al 15 luglio 2013)

Installazione site specific realizzata per la roccaforte salernitana a cura di Erminia Pellecchia.
Esposte per la prima volta le opere della collezione "corvi".

Testi critici tratti dal catalogo dell'omonima mostra, pubblicato dalla Paparo Edizioni nel dicembre 2013:

 

Se la fortuna aiutasse sempre gli audaci
di Federico Costanza
Direttore Responsabile di Dar Bach Hamba
Fondazione Orestiadi sede di Tunisi

Se la fortuna aiutasse sempre gli audaci, varrebbe la pena partire, oppure restare a lottare.
È la speranza titubantedei migranti. È il sogno dei popoli in rivolta. L'azzurro acceso del mare dipinge la separazione tra questa e quella fortuna, nei transiti dei protagonisti di questa era.
I migranti alla ricerca della propria fortuna, fautori del proprio destino, così come le genti in cerca di libertà. È all'interno del progetto "Transiti" – pensato e curato da Fabio De Chirico, e realizzato nel 2008 a Tunisi e Gibellina attraverso la collaborazione con l'artista svizzera Rita Ernst – che il pittore napoletano Pietro Loffredo cala i soggetti dominanti della sua produzione pittorica nella realtà simbolica tunisina: gli angeli neri e il cornetto rivestono di significati la riflessione sul Mediterraneo in quanto "terra di passaggio", di transito appunto.
Le ingiustizie del mondo, che Loffredo rappresenta attraverso i suoi angeli neri, avevano i volti della gente tunisina durante la permanenza dell'artista a Tunisi nel 2008.
Gli angeli dagli sguardi inquieti e dalle fisionomie incerte rimanevano celati dietro cancelli di ferro battuto, quasi a rappresentare la metafora di un mondo chiuso all'interno di un incubo, quale era la Tunisia del regime di Ben Ali.
L'esperienza della residenza dei due artisti europei presso Dar Bach Hamba, sede tunisina della Fondazione Orestiadi, segnò una tappa importante della loro produzione, e tre anni dopo diventa per Loffredo un momento di riflessione storica in senso artistico e umano.
Rileggere oggi quell'esperienza, alla luce degli eventi politici che hanno sconvolto il Nord Africa e il mondo arabo, riveste un significato quasi profetico. Finanche il colore vivo delle tele rende il senso degli accadimenti.
È nella luce dell'azzurro terso di una mattina di metà Gennaio che il popolo tunisino ha preteso la propria libertà; nel rosso vivo del sangue dei martiri e della bandiera brandita con orgoglio che la gente è scesa nelle piazze e per le strade, a riconquistare quella fortuna che da sola, come sembra asserire Pietro Loffredo, non basta a cambiare le proprie sorti.
L'arte di Loffredo si carica di simbolismi e rimandi e lo fa attraverso l'uso di elementi che svelano le chiavi di comprensione di quelle tematiche verso le quali l'artista ci spinge a riflettere. L'ingiustizia del mondo carica le nostre coscienze di domande, di dubbi, di paure e rimorsi, ed è lì che la fortuna gioca un ruolo fondamentale nel dipanare la matassa degli eventi. Rimane, sul fondo, un'inquietudine che disvela tutta la fragilità dell'essere di fronte ai casi della vita.
Si tratta di una sorta di ricerca che trova concretezza nella storia, nel suo evolversi.
Le opere di Pietro giocano con tutti questi elementi, in un continuo entrare ed uscire dalla tela, guadagnare l'attenzione dello spettatore all'interno del soggetto del quadro per poi portarlo, infine, all'esterno.
La carica allegorica dei cornetti e degli angeli neri si arricchisce in Tunisia di nuovi elementi, e questi fanno da mezzi di trasmissione delle idee, trasportano il discorso altrove.
Ricordo come Pietro contemplava le code di grossi pesci essiccate ed esposte fuori dalle botteghe, poste sui muri delle case, sulle porte o sul cofano di auto e camion, quali porta fortuna. E fu così che il cornetto rosso, talismano sentinella delle nostre coscienze, iniziò la sua trasformazione, giovandosi di una grossa coda di pesce che presagiva la commistione tra sacro e profano: il simbolo arcaico del pesce, di tradizione cristiana, si fonde con il cornetto e la prosaica visione della fortuna umana.
Gli angeli neri, lo sguardo serrato, quasi rassegnati, appaiono rigidi dietro i cancelli in ferro battuto. Ma d'un tratto appare un senso di movimento sulla tela: le curve dei cancelli, il ferro che si alza in giri simmetrici ad avvolgere la silhouette nascosta dietro di esso, le forme sinuose dei cornetti, il lento incamminarsi degli angeli verso un futuro sconosciuto, imprevedibile o consapevole che sia.
I pesci da una parte della tela sembrano andare incontro oppure voltar le spalle alla fortuna (i cornetti sul lato opposto). Ma la fortuna ci "cade" addosso, sembra ammonire l'artista: code di pesce come gabbiani argentati seguono dall'alto la drammatica processione degli angeli neri, ingabbiati all'interno di un cornetto, schiavi del loro destino.
In questo mondo che pian piano si mette in marcia, che prende coscienza di sé, anche i colori giocano la loro partita. Ecco il mare fondersi al cielo in un azzurro luminescente, dove il rosso dei cornetti e l'argento delle code di pesce e delle squame che affiorano sempre più rimanda alla fuga per la libertà, all'affrancamento dall'oppressione e dall'ingiustizia, e infine all'inizio di una mutazione.
È una lenta litania di figure indecifrabili, che sommessamente iniziano a danzare, agitano le braccia, dischiudono le mani quasi a volere acciuffare una fortuna altezzosa che dall'alto li deride.
In questo mesto ma dinamico "transito" ci sono tutte le storie del mondo, ci sono tutte le storie di un Mediterraneo che arde, che vuole abbattere i cancelli frontiera, che col rosso del sangue costruisce il proprio destino attraverso le vicende dei suoi protagonisti, i migranti, i popoli in rivolta.
Gli angeli trascinano nei volti imperscrutabili e nei loro corpi il senso della vergogna per la loro condizione. C'è un grande senso di forza nel messaggio che il migrante in cerca di libertà dà al mondo che lo accoglie, ma vi è anche l'offesa del razzismo, che opprime col suo peso l'esperienza della migrazione.
Eppure, tutte le barriere del mondo sono travalicate dal transito dell'essere libero, che, dopo aver preso coscienza della sua libertà, sfida la fortuna che decide le sorti e prova infine a domarla e assoggettarla alla sua volontà.
È, in fondo, il fine della storia: dimostrare che l'uomo può ribaltare le ingiustizie attraverso il pieno uso della sua libertà.
E gli angeli neri di Pietro Loffredo lo hanno dimostrato proprio attraverso la storia, abbattendo quei cancelli che li tenevano al di qua della tela, incamminandosi verso la propria storia, prendendola in mano, scegliendo infine la propria fortuna.

 

Il rosso e il nero
di Erminia Pellecchia
Giornalista e critico d'arte

Rosso: calore, irrequietezza. Nero: tenebre, silenzio eterno. Luce e oscurità convivono nella pittura di Pietro Loffredo, anzi, mutuando il pensiero di Kandinsky sui colori e sulla spiritualità nell'arte, è l'oscurità che dà forza vitale alla luce. Il rosso dei cornetti, unito alla follia frenetica del giallo delle corone, si con-fonde con il nero intenso dei corvi, il colore e il non-colore acquistano energia, si mescolano, si espandono, si esaltano a vicenda, il contrasto si fa armonia, causando in chi osserva un vibrante impatto emozionale. Il corno ed il corvo sono, appunto, i protagonisti della recente produzione dell'artista antropologo che, nel suo viaggio tra le superstizioni nel mondo, ha scelto, per l'esposizione itinerante "Talisman", gli amuleti simbolo dei popoli mediterranei e germanici. Quelle credenze che vengono da lontano e con cui, sin dalla notte dei tempi, gli uomini ricorrono contro i rischi del vivere e le incognite della realtà. Quei talismani infallibili e indispensabili, quell'illusione a cui aggrapparsi, oggi più di ieri, nel tempo fermo della perdita dei valori e del disagio esistenziale: purtroppo un miraggio caduco nel vuoto assordante delle coscienze.
Fascinoso ed impetuoso l'apotropaico corno. Il riferimento a Priapo, nella sua procace, sanguigna forma fallica, è immediato. Sgargiante e accattivante, promette abbondanza e protezione, è la dimora dei più disperati che, solo sfiorandolo, pensano di aver chiuso in una mano la buona sorte. Aereo, inafferrabile il corvo, custode dei grandi misteri. Messaggero di Odino, a cui è consacrato, pare indicare, nel suo volo sospeso tra cielo e terra, la direzione a chi non sa più in quale direzione dirigersi. Sud e Nord: passione e ragione, ma lo stesso ineludibile desiderio di trovare una via d'uscita, una forma di salvezza, di controllare l'incontrollabile, di aprire il cuore alla dolce speranza. Loffredo, nell'installazione site specific, pensata per il Castello Arechi di Salerno, li evoca in una sorta di gioco d'azzardo, invita il pubblico, in una interazione ludico-estetica, a puntare sul rosso e sul nero, a scegliersi il proprio "talisman". Ma con un monito: l'impossibilità di cambiare le cose solo affidandosi alla fortuna. Scrive il critico d'arte e soprintendente di Umbria e Calabria Fabio De Chirico, che del fare arte dell'artista partenopeo è un grande estimatore: "Il tema centrale della sua ricerca è il rapporto dell'uomo con la sua condizione attuale, la sua storia e come queste si rapportano rispetto alle opportunità che ciascun essere umano ha: quanto dipende da noi, quanto incide sulle nostre scelte, quanto possiamo fare per mutare il corso degli eventi".
Il percorso ibrido tra arazzi e sagome dipinti, che si snoda lungo le mura del maniero medievale, sembra proprio porci questi interrogativi. Loffredo si impossessa del luogo e, nella ragnatela di figure che lo ridisegnano, provoca una partecipazione-percezione diretta con lo spettatore. L'effetto fisico ed emotivo è spiazzante, l'autore offre il suo sguardo e lascia a chi guarda lo spazio per una scelta. Ed ecco, nei sotterranei della fortezza (oggi Museo Archeologico della Provincia di Salerno) il fluire in un incontro-scontro di corni e corvi, dopo l'ouverture dei pesci-cornetti esposti, qualche anno fa, al Dar Bach Amba di Tunisi. E' stata questa la prima tappa del viaggio tra le icone del destino che Loffredo intesserà ancora di nuovi approdi come Roma, Torino, Berlino e ancora Tunisi in un cammino circolare Oriente-Occidente-Oriente. Ed è per questo motivo che i dipinti-acquario fanno da preludio all'environment di Salerno, città cerniera tra Mediterraneo e resto del mondo, centro fin dal Medioevo di accoglienza e culla, con la sua millenaria scuola medica, di civiltà e culture diverse. Dall'azzurro solare e gioioso dei portafortuna tunisini, si precipita nell'antro oscuro che ospita i rapaci signori della notte. Li avvolge una cascata di corni, di corni è tappezzato anche il pavimento. Un insieme magico che risuona come musica dell'anima. Dalla parete centrale emergono nel buio gli occhi feroci di un corvo, ti scrutano dentro, ti immobilizzano, nella mente affiora il sound ossessivo di Alan Parsons Project, il gruppo progressive rock inglese, che con "Takes Of Mistery And Imagination" ha reso omaggio al maestro del gotico Edgar Allan Poe. Il "nevermore", mai più, di "The Raven" ti pervade, ti percuote, ma "nel sogno all'interno del sogno", i cornetti solari ti accarezzano nell'esorcismo delle tammorre, ti conducono nuovamente verso la luce. Li insegui tra le vecchie pietre e la macchia mediterranea fin sugli spalti. Nel blu cobalto di cielo e mare ecco apparire i cupi guardiani del presente, enigmatiche figure nere alate che rappresentano le ingiustizie del mondo che la fortuna da sola non può cancellare. Dalle ali fuggono via i corni, come fragili piume nel vento. L'uomo è solo, deve fare i conti con se stesso. Loffredo ci richiama alle nostre responsabilità, alla possibilità che è in ognuno di noi di porre freno all'iniquità, all'ingiustizia, al malessere. Come? Superando la paura "di quello che ci cambierà".